di Gian Antonio Stella. Pubblicato su Il Corriere della Sera il 16 aprile 2018.

I soldi giocati nel 2017 sfondano il tetto dei 100 miliardi di euro ma gli incassi dell’erario sono crollati di un terzo in sette anni. Lo Stato ricava solo un ottantesimo dai giochi online.

Un ottantottesimo: ecco quanto ricava lo Stato biscazziere dai giochi online. Esattamente l’1,13%. Spiccioli, rispetto ai 27 miliardi di euro gettati sul piatto del solo web da 4 milioni di giocatori. Peggio: i soldi giocati nel 2017 sfondano il tetto mostruoso dei 100 miliardi ma gli incassi dell’erario crollano in percentuale, in sette anni, di circa un terzo. Che senso ha?

Nel 2007 il «consumo lordo» di azzardo (i soldi tirati fuori complessivamente dagli italiani per giocare), fu di 24,7 miliardi: 721 euro pro capite. Numeri già preoccupanti rispetto ai 12,5 giocati del 1998, un decennio prima. Ma infinitamente meno angoscianti di quelli attuali. Nel 2017, infatti, stando ai dati ufficiali dei Monopoli di Stato rielaborati da Maurizio Fiasco, Presidente di Alea (Associazione per lo studio del gioco d’azzardo) e Ufficiale dell’Ordine al Merito premiato da Mattarella proprio per il suo impegno, quel consumo è schizzato a 101,85 miliardi. Un aumento del 6% sul 2016 e del 142% sul 2007. Con una spesa pro capite, tra i cittadini con più di 18 anni, di 1.697 euro. Il costo di una cucina, frigo compreso.
Ma questa è una media. Ci sono luoghi in cui l’azzardo succhia di meno (9 su 10 delle province meno sprecone sono meridionali) e altri in cui inghiotte cifre enormi: 2.204 euro pro capite a L’Aquila, dove molti sperano forse che la dea bendata «restituisca» loro un po’ di fortuna, 2.357 a Como, 2.384 a Sondrio, 2.429 a Pescara, 2.472 a Teramo… Per capirci: è come se una famiglia media investisse ogni anno in «prodotti» dell’azzardo l’equivalente di un’utilitaria in buone condizioni. Per non dire di Prato, dove i cinesi fanno impennare la quota pro capite a 3.796 euro.

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