“Una vera e propria holding integrata del crimine”

È questa la definizione scelta dalla DIA per descrivere la reale identità della ‘ndragheta soprattutto in relazione alla sua strategia imprenditoriale e alle sue “proiezioni ultra regionali” in Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana, Lazio ed Emilia Romagna.

“Anche nel semestre in esame (giugno-dicembre 2017 ndr)- scrive la DIA- si colgono chiari segnali espansionistici fuori regione, finalizzati ad infiltrare i punti nevralgici e strategici dell’economia, dell’imprenditoria e della pubblica amministrazione”.

La DIA traccia una mappa relativa alla presenza delle diverse famiglie di ‘ndrangheta su tutto il territorio emiliano-romagnolo:

  • a Ferrara sono stati segnalati i Pesce-Bellocco di Rosarno;
  • a Forlì-Cesena i reggini Condello e De Stefano insieme ai Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia);
  • a Modena e a Parma hanno operato soggetti contigui alla cosca Arena di Isola di Capo Rizzuto;
  • in provincia di Reggio Emilia gruppi legati ai Dragone di Cutro.
  • Per quanto riguarda l’area romagnola, si segnalano, nel ravennate, personaggi contigui alla ‘ndrina dei Mazzaferro di Gioiosa Jonica (Reggio Calabria).

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AEMILIA

L’analisi portata avanti dalla DIA non può prescindere dal processo Aemilia il quale, come scritto nella relazione,

“ha fatto luce sulla pervasiva presenza dei cutresi Grande Aracri, attivi a Bologna e nelle province di Reggio Emilia, Modena, Parma e Piacenza”.

AEMILIA 1992

I Grande Aracri, tuttavia, sono al centro anche di un’altra operazione, soprannominata “Aemilia 1992”. Nicolino Grande Aracri, Nicolino Sarcone e Angelo Greco detto Lino (capo della ‘ndrina torinese distaccata di San Mauro Marchesato) vengono accusati di due omicidi consumatisi tra il settembre e ottobre 1992 nella provincia di Reggio Emilia durante una sanguinosa faida tra le Grande Aracri-Dragone-Ciampà e i Vasapollo-Ruggiero. A morire furono il 33enne Nicola Vasapollo ed il 35enne Giuseppe Ruggiero.

“In uno dei due delitti- scrive ancora la DIA- i killer si erano spacciati per appartenenti alle Forze dell’ordine, indossando le uniformi dell’Arma dei carabinieri e utilizzando un’autovettura appositamente predisposta”.

RETICOLO

A novembre 2017 è invece scattata l’operazione “Reticolo” che ha portato quattro persone in carcere e tre ai domiciliari. In questo caso ad emergere è il legame tra la ‘ndrangheta e la camorra all’interno del carcere della Dozza di Bologna. Gianluigi Sarcone e Sergio Bolognino (imputati di Aemilia) vengono accusati di essere i mandanti del pestaggio avvenuto all’interno della casa circondariale nel marzo 2015 ai danni del detenuto campano Francesco Madonna ed eseguito da altri due detenuti legati alla camorra, Mario Temperato e Enrico Palummo. L’inchiesta ha portato anche due agenti penitenziari ai domiciliari, Fabrizio Lazzari e Loris Maiorano, accusati di detenzione ai fini di spaccio.

BLACK MONKEY

Era il 22 febbraio 2017 quando il Tribunale di Bologna ha emesso la sentenza di primo grado del processo Black Monkey. A luglio, invece, sono state rese note le motivazioni.

“L’attività investigativa- scrive la Direzione Investigativa Antimafia- ha disarticolato l’organizzazione criminale riconducibile ad un esponente di spicco della citata famiglia Mazzaferro, il quale, emigrato nel 2002 con la famiglia da Marina di Gioiosa Jonica (RC) a Conselice (RA), ha creato un vero e proprio impero del gioco d’azzardo digitale tra l’Emilia Romagna, il Veneto, la Campania, la Puglia, la Calabria, l’Inghilterra e la Romania. Lo stesso si procurava alti profitti attraverso schede illegali, che bypassavano i controlli dei Monopoli di Stato”.

Il soggetto a cui la DIA fa riferimento è il boss Nicola Femia, detto Rocco. Il processo Black Monkey ha visto, in primo grado, la condanna di 23 imputati (a 14 dei quali è stata riconosciuta la sussistenza del reato associativo mafioso).

“Al pari dell’inchiesta Aemilia- si legge nella relazione- Black Monkey rappresenta un tassello fondamentale nella ricostruzione dell’evoluzione del fenomeno mafioso ‘ndranghetista in Emilia Romagna e, soprattutto, delle modalità di infiltrazione del tessuto imprenditoriale”.

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