di Enrico Lorenzo Tidona. Pubblicato il 21 settembre 2017 su La Gazzetta di Reggio.

Valerio confessa tutto: «Attentato in via Premuda perché non pagavano Abbiamo ucciso Ruggiero e appiccato incendi per intimidire gli avversari»

REGGIO EMILIA. «Sono stato uno dei mandati dell’omicidio di Rosario Ruggiero a Cutro, ho fatto parte del commando che ha ucciso Giuseppe Ruggiero a Brescello, ho commesso io l’attentato in via Premuda per ottenere il pizzo e ho bruciato l’auto di Gaetano Blasco». Antonio Valerio non sta solo vuotando il sacco: sta sconvolgendo la sua storia processuale e quella di tutti gli altri imputati di Aemilia. Sta confessando reati temibili, invischiando se stesso – che potrà però contare sullo status da collaboratore di giustizia e i relativi “sconti” – e una lunga serie di persone delle quali fa nomi e cognomi, tracciandone reati e gradi di parentela.

Ha parlato da giugno a settembre riempiendo centinaia di pagine in diciotto verbali: da quando ha deciso di passare da imputato in cerca di una strenua difesa in Aemilia a collaboratore perno del maxi processo contro la ’ndrangheta al nord. Negli atti depositati al processo con le dichiarazioni di Valerio, c’è il romanzo criminale della consorteria mafiosa in Emilia, che a Reggio detta legge, spesso con le pistole in pugno. Ci sono gli incendi dolosi a Reggio pagati 500 euro, gli omicidi a raffica fino Cutro, gli attentati a Reggio al bar Pendolino nel 1998 e l’attentato in un altro locale in via Premuda. «L’ho compiuto io quell’attentato esplosivo – svela Valerio il 28 giugno davanti ai pm antimafia Marco Mescolini e Beatrice Ronchi – serviva per convincerli a pagare il pizzo».

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