di Enrico Lorenzo Tidona. Pubblicato il 4 giugno 2017 su mafie.blogautore.repubblica.it

La politica non è mai veramente entrata nell’inchiesta Aemilia. E se lo ha fatto, ne è ben presto uscita. Nel più grande processo contro le mafie al Nord (220 imputati) che si sta celebrando con il rito ordinario a Reggio Emilia, il sistema di relazioni sociali che regola affari e vita amministrativa sembra solo lambito.
Due soli i politici imputati e poi scagionati in primo grado: il consigliere comunale di Forza Italia a Reggio Emilia, Giuseppe Pagliani (accusato di concorso esterno in associazione mafiosa) e Giovanni Paolo Bernini, ex assessore Pdl di Parma, prosciolto per prescrizione del reato di corruzione elettorale.
La procura distrettuale di Bologna ha presentato ricorso in appello contro queste assoluzioni. Di politica, dunque, sul fronte giudiziario se ne tornerà a parlare in secondo grado.
Intanto c’è una verità processuale che, a prescindere dalle condanne, sta emergendo e che delinea la “zona grigia”, la più ampia e socialmente pericolosa perché più difficile da identificare e da condannare con giudizi netti. E qui, di politica ce n’è. L’ultimo esempio?

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