di Alberto Setti. Pubblicato su La Gazzetta di Modena il 29 marzo 2017.

MODENA «Le faccio leggere ‘ste carte, che sono proprio chiuse… nella cassaforte del prefetto. Ripeto, cassaforte del prefetto. Quindi io, sa com’è… essendo una troia vecchia … Insomma, conosco gente, sa com’è?… Guarda Alessà, questa è gente che ha perso due ore e mezza per me..».
Sono le parole di Marco De Stavola, che sta parlando a Modena con Alessandro Bianchini, la sera del 3 ottobre 2014. Il funzionario in servizio alla Dogana non si accorge che Alessandro lo sta filmando. Gli mostra i documenti segreti, i verbali di riunioni riservate in Prefettura, gli legge i nomi, gli racconta della riunione di luglio, quando il prefetto poi lascia la presidenza al suo vice Ventura. Gli racconta dei passaggi successivi, della determinazione del Girer che conferma le sue precedenti posizioni: “Sussistono elementi tali da far ritenere acclarato il tentativo dell’azienda di eludere gli effetti del provvedimento (ovvero i Bianchini cercano di aggirare l’esclusione dalla white list)… pertanto propone al prefetto il diniego di iscrizione (sottinteso dalla Ioa di Alessandro)”, diceva il Girer, l’organismo investigativo anti-infiltrazioni attivato nel post sisma. «Mi scappa da ridere, per non piangere», è il commento di Alessandro, così come De Stavola, sembra gratificato dall’essersi reso… utile. «E questo è tutto il malloppo di Roma… questo è tutto quello che già si sa», aggiunge, alludendo a documenti arrivati da Roma in Prefettura.

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