Pubblicato su La Repubblica il 18 luglio 2017.

Il ministro, che fu sindaco dal 2004 al 2016, citato come testimone della difesa.

Reggio Emilia. Nell’incontro del 2012 in cui accompagnò alcuni consiglieri comunali di origine calabrese dal prefetto Antonella De Miro, “non era in discussione lo strumento delle interdittive, ma il fatto che nella comunità cutresi non ci fossero persone perbene”. Lo afferma nell’aula reggiana del processo Aemilia il ministro Graziano Delrio, ex sindaco di Reggio Emilia dal 2004 al 2013, citato come testimone dalla difesa degli imputati Gianluigi Sarcone, Pasquale Brescia e Francesco Scida.

Delrio spiega che “a fronte di una crescita dell’opinione pubblica e di notizie allarmanti che emergevano sulla stampa, qualcuno si sentiva ingiustamente accomunato ai delinquenti e questo è un fenomeno da stigmatizzare perchè i cittadini reggiani sono sia di origine cutrese che non. Quelli che fanno i delinquenti lo fanno e le persone perbene non devono dire da dove vengono per dimostrarlo”. Dunque, prosegue il ministro, “ci fu un disagio vero, percepito, che però nulla toglie al fatto che era importante e giusto che la comunità civile prendesse coscienza del fenomeno”. In questo contesto “i consiglieri comunali mi chiesero di poter manifestare la loro solidarietà per l’azione contro la ‘ndrangheta ma anche la preoccupazione che ci fosse una stigmatizzazione generale verso i cutresi”, aggiunge il ministro. “Cutro- spiega Delrio- è una città legata a Reggio Emilia da un patto di amicizia fin dal 1995. Avevo ricevuto numerosi inviti, ho accettato quello del sindaco e mi sono recato Cutro per una visita istituzionale- indossavo la fascia tricolore- durata 24 ore”.

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