Di Giuseppe Baldassarro, pubblicato su “La Repubblica” il 12/03/2021
Intercettazioni shock. L’accusa è associazione di tipo mafioso finalizzata, tra l’altro, all’estorsione e al riciclaggio. Le persone indagate nell’operazione Perseverance in tutta Italia sono 29
Sfregiare una donna gettandole acido sul volto. Era l’obiettivo, poi non realizzato, di alcuni indagati nell’inchiesta di ‘Ndrangheta “Perseverance” della Dda di Bologna. In una registrazione del novembre 2019, tra Giuseppe Friyo, Domenico Cordua e un terzo uomo si sente progettare l’azione: “Ragazzi c’è da fare una lavorettino, se vi interessa eh (…) c’è da picchiare una donna…”, dice Cordua. Risposta: “E che dobbiamo fare? Dobbiamo darle dei pugni?”. Cordua: “La mandate in ospedale…o le buttate un po’ di acido sulla faccia”.
E ancora: “Dev’essere sfregiata?”. “Bravo,solo la faccia però. Le butti l’acido addosso e te ne vai”
Duro colpo alla cosca dopo Aemilia
La gestione degli affari della ‘ndrina a Modena e Reggio Emilia era passata nelle mani dell’unico fratello rimasto ancora in libertà. Quando Nicolino, Gianluigi e Carmine Sarcone finirono in carcere a scontare montagne di anni condanne arrivate col processo “Aemilia”, a reggere le sorti della “famiglia” era stato chiamato Giuseppe.
Il nuovo boss delle cosca legata ai Grande Aracri di Cutro è però finito a sua volta in galera per un’inchiesta della Dda di Bologna (firmata dal procuratore Giuseppe Amato e dalla pm Beatrice Ronchi) che ha portato a 10 misure cautelari (9 arresti e un’interdittiva) in un’idagine che conta in tutto 29 indagati.
‘Ndrangheta, Giuseppe Sarcone Grande era il nuovo boss
La Procura ha scoperto infatti che il quarto fratello, attraverso dei prestanome, gestiva una serie di attività economiche nelle province di Modena e Reggio Emilia. I Sarcone avevano già messo le mani su sale scommesse, officine meccaniche, carrozzerie, società immobiliari che, nel tentativo di salvarle dai sequestri della magistratura, erano state intestate a dei prestanome. Giuseppe era il nuovo boss e come tale si comportava anche nei rapporti con altri gruppi criminali calabresi.
L’indagine, svolta in parallelo da carabinieri e polizia, ha consentito di ricostruire alcuni episodi emblematici del ruolo e del peso criminale del nuovo reggente degli affari, impegnato sia nell’acquisizione di nuovi affari sia nel campo della riscossione crediti. Questa seconda attività ha coinvolto anche due insospettabili coniugi modenesi, Alberto Alboresi e Genoveffa Calucciello. Secondo la Dda, la coppia per riscuotere un credito di circa 2 milioni di euro, di provenienza illecita, avevanopresentato dal debitore a riscuotere il denaro. Un’azione risoluta e in pieno stile mafioso con tanto di assoldato Salvatore Muto (fratello di Luigi e di Antonio anche loro condannati in “Aemilia”) e questi si era minacce esplicite. Non a caso la richiesta di denaro era arrivata assieme alle fotografie di alcuni familiari stretti della “vittima”. Il creditore, per “salvarsi”, a sua volta si era però rivolto a Giuseppe Sarcone Grande che a quel punto era intervenuto come mediatore. Ed era stato il nuovo boss a gestire una lunga trattativa sul debito, affrontata nel corso di riunioni di ‘ndrangheta che sono state documentate dagli investigatori.
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