“Palermo libera tutti”: si intitola così il concorso fotografico che ha visto impegnati studenti e studentesse dell’Istituto Superiore “Fermi” di Modena. Ed è proprio nell’ambito di tale progetto che la commissione esaminatrice ha deciso di premiare una foto ritraente due ragazzi baciarsi sulle labbra tra le strade di Palermo. L’esposizione e la pubblicazione della fotografia, che si è vista riconoscere il “premio libertà”, tuttavia è stata vittima di un tentativo di censura da parte della Dirigente Scolastica. Le motivazioni? Il fatto che dalla fotografia non fossero visibili i quartieri di Palermo, la poca attinenza con il concetto di legalità e ancora il fatto che all’interno della foto non venissero ritratti Falcone e Borsellino. I docenti coinvolti, che hanno comunque esposto e premiato la fotografia, sono addirittura stati accusati di agire come le mafie.
Proprio mentre accadeva ciò, a più di mille chilometri di distanza, a Palermo durante la commemorazione del 31esimo anniversario della strage di Capaci, il corteo dei lavoratori, delle realtà sociali e degli studenti e studentesse veniva violentemente caricato dalla polizia in tenuta antisommossa.
Perché abbiamo scelto di scrivere un editoriale su questi due avvenimenti?
Da anni proviamo a portare avanti una narrazione sul tema del fenomeno mafioso con l’obiettivo di fuoriuscire da una rigida e fuorviante lettura legalitaria e che sia espressione di una militanza intersezionale. Smontare stereotipi, utilizzare nuove parole, raccontare i fatti inserendoli all’interno di un quadro più ampio con un unico obiettivo: immaginare (e costruire) una società diversa. Una società che faccia della lotta alla criminalità ambientale, dell’antirazzismo, dell’antifascismo e dell’antisessimo i suoi pilastri. Una società, dunque, che sia contro tutte le mafie.
Perché la mafia altro non è che la negazione della libertà, in ogni sua declinazione. Essere antimafiosi significa dunque dotarsi di tutti gli strumenti necessari per combattere ogni forma di autoritarismo.
Cosa unisce il tentativo di censura messo in atto dalla Dirigente del Fermi e le cariche della polizia contro i manifestanti a Palermo? La repressione.
In un’epoca storica connotata da commemorazioni sterili, che ha come protagonisti uomini e donne legati a soggetti mafiosi ricoprire cariche istituzionali, non resta altro da fare se non riprendersi gli spazi che ci sono stati tolti, riappropriarsi insomma di una memoria collettiva che abbia il coraggio di fare nomi e cognomi, che sappia scindere la verità storica dalla verità giudiziaria, che non abbia paura di chiamare le cose con il proprio nome.
I ragazzi a Palermo caricati dalla polizia e gli studenti di Modena protagonisti del concorso fotografico hanno semplicemente scelto di autodeterminarsi attraverso una prassi che pone al centro la propria libertà (individuale e collettiva). Una Dirigente Scolastica che prova a censurare una foto ritraente due ragazzi che si baciano accusando i docenti di agire come le mafie è un fatto che va denunciato e condannato. Perché un’azione del genere è un ostacolo all’espressione libera e inclusiva di quella comunità educante che è la scuola.
Un bacio tra due ragazzi è un atto politico, lo slogan “fuori la mafia dallo Stato” è un atto politico. Una generazione che sceglie le parole e i gesti attraverso cui vivere la propria vita è la forma più alta di militanza antimafia. Significa, in buona sostanza, ribaltare e dare nuovo senso a gesti e azioni di cui la mafia, negli anni, si è impossessata. Il bacio, nella cultura mafiosa, infatti, è storicamente l’espressione del concetto di appartenenza, di affiliazione.
Non dimentichiamo Totò Cuffaro “vasa vasa” , definitivamente condannato a sette anni di reclusione per favoreggiamento a Cosa Nostra e rivelazione di segreto istruttorio.
Non dimentichiamo il processo Aemilia, Black Monkey, Perseverance, Grimilde. E tanti, tanti altri.
Non dimentichiamo la frase di Pietro Grasso: “Darei un premio speciale a Silvio Berlusconi e al suo governo per la lotta alla mafia”.
Non dimentichiamo le risate dopo il terremoto in Emilia Romagna.
Non dimentichiamo le stragi del 92 e del 93.
Non dimentichiamo la trattativa stato mafia.
Ma ricordare non basta.
Ciò che serve è riprenderci gli spazi tolti da vuote e inutili parole.
Ciò che serve è individuare una nuova pratica di resistenza e di lotta.
E che sia di rabbia.
E che sia di baci.