di Paolo Pergolizzi. Pubblicato su Reggio Sera il 11 gennaio 2018.
La deposizione dell’ex direttore: “Rendite abbattute su almeno 22 capannoni e pratiche informatiche cancellate di notte”
REGGIO EMILIA – Quando il primo marzo del 2009 prese servizio a Reggio Emilia, il nuovo direttore del catasto Potito Scalzulli (foto) trovo’ una gestione dell’ufficio pubblico piu’ simile a quella di un “suq” arabo. Arrivando a scoprire nei successivi 3 anni (nel 2012 e’ andato in pensione mentre ora e’ assessore del Comune di Galeata nel forlivese) 22 casi di capannoni industriali (ma “sarebbero centinaia”), l’ultimo dei quali appurato personalmente, in cui la rendita catastale era stata modificata al ribasso procurando cosi’ un vantaggio fiscale ai proprietari degli immobili.
Irregolarita’ che il funzionario, ascoltato oggi come testimone della Corte nell’aula reggiana del processo Aemilia, denuncio’ con esposti ai suoi superiori regionali e nazionali. In risposta questi ultimi non solo non lo presero in considerazione, ma gli consigliarono di smetterla. Inoltre le draconiane misure di riorganizzazione che Scalzulli mise in atto per arginare la gestione “promiscua”, “inadeguata” e “autonoma” (da parte degli addetti) di accettazione delle pratiche edilizie, portarono ad una campagna diffamatoria nei suoi confronti, contrassegnata prima da una serie di lettere anonime che lo accusavano di peculato e abuso d’ufficio, per culminare con minacce ai suoi figli.
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