di Tiziano Soresina. Pubblicato su La Gazzetta di Reggio il 11 marzo 2020.
Emersi in alcuni procedimenti contatti ed infiltrazioni al Nord, intrecci inquietanti in Calabria fra politica e massoneria.
È in corso un attacco frontale senza precedenti, sul piano investigativo e giudiziario, alla cosca Grande Aracri: accuse, sequestri, procedimenti che portano a ramificazioni della cosca cutrese in mezza Italia, dalla Calabria fino ad alcune regioni del Nord. E tutto ciò giunge in una fase storica in cui colui che è considerato dagli inquirenti il capoclan – cioè il 61enne Nicolino Grande Aracri – è in carcere da tempo con sulle spalle una definitiva condanna all’ergastolo (per l’omicidio del boss rivale Antonio Dragone nel 2004) e altri processi ancora da affrontare.
CONTATTO BERGAMASCO
L’ultima novità in ordine di tempo arriva da un processo in corso in tribunale a Bergamo (sul clamoroso rogo di 14 tir di un’azienda di trasporti, nell’estate 2016) in cui secondo la ricostruzione fatta in aula dai carabinieri gli esecutori materiali di quelle fiamme dolose sarebbero stati in contatto con un appartenente alla cosca Grande Aracri, incontrandolo a Reggio Emilia (agli atti un’intercettazione tramite una cimice in un’auto). E per l’Arma questo ’ndranghetista cutrese-reggiano aveva parlato di «un campo pieno di mine… non avete idea delle persone con cui avete a che fare…».
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