A cura della redazione di “Cosa Vostra”, pubblicato su “La Repubblica” il 28.07.2019
Si sa che nel Nordest mafie e o mafiosi investono il proprio patrimonio in attività per lo più lecite, inquinando il mercato economico e, di conseguenza, la società. Si dice anche che i mafiosi non sparano e ammazzano più come prima e di certo in questa macro regione non hanno bisogno di alzare troppo la voce. C’è un fatto molto inquietante che genera purtroppo poca preoccupazione: certi reati contro la persona, anche violenti, non fanno clamore; neppure le minacce fisiche o gli incendi. Perché tutto questo? Collusione di parte della società civile? Complicità di alcuni professionisti? Impreparazione ad affrontare le mafie?
Sicuramente ancora si fa fatica ad accettare il concetto che le organizzazioni di stampo mafioso siano tra noi; perché ancora oggi esponenti delle principali istituzioni negano la loro presenza, non utilizzano neppure il termine “mafia” oppure la strumentalizzano per il proprio tornaconto politico; “perché solo di recente si stanno promuovendo interventi per il contrasto al crimine organizzato e, quindi, per molti anni, non si sono volute conoscere le mafie e il loro modo di agire; perché più di qualcuno, appartenente al variegato mondo dei colletti bianchi – avvocati, commercialisti, broker, funzionari pubblici, imprenditori e, in genere, faccendieri – pensa che la mafia convenga. D’altronde l’economia e, in generale, il tessuto sociale è fertile, non stantio e, soprattutto, molte inchieste dell’Autorità Giudiziaria hanno mostrato quanti individui – indagati per gravi reati di natura economica come corruzione, bancarotta fraudolenta, turbativa d’asta, ecc. – possono essere complici di altri soggetti, inquisiti per altri delitti – dall’estorsione all’usura, passando per il traffico di droga – a loro volta collegati alle mafie. In altre parole, se vogliamo comprendere le mafie, occorre saper guardare dentro un’ingarbugliata rete di delitti”.
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