di Michele Novaga, pubblicato su Swissinfo.ch il 07.08.2019
La ‘ndrangheta è presente da decenni in Svizzera. Malgrado la buona collaborazione con l’Italia, il sistema giudiziario elvetico non è adeguato alla realtà criminale presente sul suo territorio. Lo afferma il magistrato e saggista italiano Nicola Gratteri nell’intervista a swissinfo.ch.
Quando gli ‘ndranghetisti, i camorristi o gli uomini di Cosa nostra vanno all’estero cercano di mimetizzarsi. Non vanno a bruciare automobili o a sparare alle serrande. Vanno all’estero per rifugiarsi come latitanti – perché sanno che non vengono controllati dal momento che in Europa non c’è la cultura del controllo del territorio – oppure lo fanno per vendere cocaina e poi comprare tutto ciò che è in vendita.
Secondo le indagini che abbiamo fatto, l’80% della cocaina che arriva in Europa è per mano della ‘ndrangheta. I soldi da loro ricavati non tornano in Calabria né in Sud America perché i cartelli colombiani, per esempio, vogliono essere pagati in Europa poiché più conveniente. L’Europa e quindi anche la Svizzera diventano un grande supermercato in cui comprare tutto ciò che è disponibile.
È capitato nel corso dei decenni di fare indagini sul riciclaggio, ma non in modo sofisticato come si vede nei film. Sono state condotte nel modo più rozzo possibile su persone che fisicamente, attraversando le frontiere, hanno portato in Svizzera milioni di euro depositandoli nelle banche elvetiche.
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