Pubblicato su Il Fatto Quotidiano.
Non solo ‘ndrangheta, camorra, Cosa nostra. Nei 28 Paesi membri dell’Unione europea sono attualmente sotto indagine circa 5mila organizzazioni criminali, calcola Europol nel rapporto 2017. Certo, poche fra queste hanno lo spessore delle mafie italiane, oggetto di 145 indagini a livello comunitario coordinate da Eurojust dal 2012 al 2016, ma sette su dieci operano in più di uno Stato e tutte insieme si spartiscono un mercato illecito, dalla droga alla contraffazione, stimato da Transcrime in quasi 110 miliardi di euro, pari a circa l’1% del pil dell’Unione. Le indagini e i rapporti investigativi mettono in evidenza anche l’importanza delle mafie russofone e turca, l’ascesa dei clan albanesi padroni del traffico di marijuana e non solo, la minaccia di gruppi meno conosciuti a livello internazionale, dalle gang di motociclistidiffuse nel Nord Europa ai clan vietnamitiattivi soprattutto all’Est. Nessun Paese può considerarsi immune, come dimostra la mappa interattiva che pubblichiamo. Neppure chi può vantare grandi tradizioni civiche e livelli di criminalità decisamente sotto controllo, come dimostra per esempio il caso della mafia siriana in Svezia.
Molte di queste organizzazioni inquinano l’economia legale riciclando i profitti dei loro traffici e arrivano a condizionare la vita economica e sociale di pezzi di territorio, proprio come le mafie italiane, anche se in genere su scala minore. Eppure la macchina del contrasto a livello di Unione europea, pur con passi avanti, sembra girare a vuoto. Da almeno un decennio il Parlamento di Strasburgo approva documenti che chiedono, in particolare, di estendere a tutti i Paesi membri il reato di associazione mafiosa, il 416 bis presente nel codice penale italiano, e la possibilità di confiscare ricchezze non giustificabili anche in assenza di una condanna penale, altro “prodotto” all’avanguardia della legislazione italiana. Ma finora tutto questo è rimasto lettera morta, per l’opposizione di diversi Paesi membri, nonostante le pressanti richieste di Europol ed Eurojust, vale a dire la polizia e la magistratura dell’Unione. Così come hanno finito per impaludarsi i negoziati sulla Procura europea, anche questa sgradita a diversi Stati membri.
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Progetto coordinato da Mario Portanova – Produzione: Eleonora Bianchini – Inchieste: Eleonora Bianchini, Martina Castigliani, Giuseppe Pipitone, Mario Portanova, Irpi (Investigative Reporting Project Italy) – Coordinamento video: Franz Baraggino e Alessandro Sarcinelli – Progetto grafico: Pierpaolo Balani – Sviluppo: Gianluca Buoncompagni