di Massimiliano Coccia. Pubblicato su L’Espresso il 19 agosto 2020.
Bardonecchia è il luogo simbolo del radicamento della criminalità calabrese, ma il fenomeno è dilagato in Piemonte e non solo.
Secondo te che cos’è il Nord e dove inizia?, domanda Sergio, una vita nei reparti mobili della Polizia di Stato a Torino e ora pensionato, che continua e si risponde da solo: «Il Nord non esiste, continuano a chiamarlo Nord perché fa comodo dire che c’è un Nord e un Sud. A te sembra Nord perché il panorama è più ordinato ma l’Italia è tutta uguale. È passato il tempo in cui la mafia si infiltrava: la mafia è presenza stabile qui come al Sud».
In effetti se il Nord lo si percorre in macchina, salendo e scendendo le Alpi, attraversando le città non ci sono carcasse di auto, scheletri di case iniziate e mai finite di costruire, sono assenti dalla visuale la decadenza e i retorici cartelli che indicano l’inizio di un territorio comunale forati dai bossoli di fucili, dal finestrino il panorama induce alla pace e alla sicurezza.
«Quando è iniziato il boom economico le mafie hanno capito che si potevano espandere e hanno iniziato a migrare pure loro. Qui a Torino si diceva che per ogni dieci operai Fiat venuti dal Sud le mafie mandavano due “picciotti”», continua a raccontare Sergio: «Prima c’erano i reati bagatellari e poi piano piano in silenzio, facendo accordi, hanno iniziato a prendersi un pezzo del tessuto produttivo. Ricordo che negli anni passati era impossibile far passare il concetto che qui ci fosse la mafia e questo le ha dato un enorme vantaggio. Pensa che i partigiani dicevano “dopo il fascismo ci ammazza la mafia” e infatti fu così per il candidato sindaco di Cuorgnè, Mario Cerreto, ex partigiano di Giustizia e Libertà che fu ammazzato a Orbassano nel 1975 perché non voleva far entrare uno ‘ndranghetista nella sua lista. I colleghi che ne parlavano venivano trasferiti come successe a Pierluigi Leoni, commissario a Bardonecchia, che fu trasferito in Calabria perché indagava sulla famiglia Lo Presti».
È proprio Bardonecchia il luogo simbolo dell’antico radicamento della ’ndrangheta in Piemonte, un luogo di frontiera da cui può partire questo viaggio, un luogo che per decenni è stato il feudo di Rocco Lo Presti, boss calabrese che emigrò nel 1953 da Marina di Gioiosa Jonica e dopo aver collezionato una condanna per ricettazione dal tribunale di Locri e l’arresto a Casale Monferrato per spaccio di banconote false, si trasferì a Bardonecchia dove creò una piccola ditta edile a conduzione famigliare che iniziò a prendere appalti pubblici e privati con la violenza e la corruzione.
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