Da quasi quindici anni vengono denunciati fenomeni di nuovo caporalato all’interno del distretto modenese della lavorazione delle carni. Fenomeni che, in queste ultime settimane, sono tornati alla ribalta in seguito allo sciopero ad oltranza di 128 lavoratori di due cooperative appaltatrici dell’azienda Castelfrigo. In questa breve inchiesta, uno spaccato della situazione.
di Sara Donatelli. Pubblicato su La Gazzetta di Modena il 3 dicembre 2017.
Un Consorzio, cinque coop, cambi di incarichi ed intrecci tra i soliti noti Domenico Melone e due albanesi registi del dedalo di società dalla vita breve.
CASTELNUOVO. Sono tre gli aspetti denunciati all’interno del complesso sistema del distretto modenese della lavorazione delle carni: il mancato rispetto dei contratti lavorativi, la non genuinità degli appalti e i frequenti turn over che si verificano all’interno dei consigli direttivi delle cooperative appaltatrici.
In queste settimane sono due le cooperative protagoniste di uno sciopero ad oltranza iniziato il 17 ottobre da parte di 127 soci-lavoratori a rischio licenziamento: la Work Service e la Ilia D.A., entrambe appaltatrici della Castelfrigo. Le due cooperative sono legate al consorzio Job Service, che vede al suo interno altre tre cooperative: la Planet, la Framas e la Elios MG.. Con ben cinque cooperative, il Consorzio Job Service è dunque un attore importante nello scenario affaristico che riguarda il distretto modenese della lavorazione delle carni.
Un Consorzio all’interno del quale non solo emergono sempre gli stessi nomi, che a rotazione e con tempistiche abbastanza brevi si alternano nella gestione delle cooperative, ma a coincidere sono anche altri fattori: indirizzi e sedi legali, provenienza ed età degli amministratori unici, date di costituzione ed inizio delle attività lavorative. Un sistema che da quattro anni, periodo in cui viene costituito il Consorzio, funziona attraverso un meccanismo paragonabile ad un vero e proprio insieme di scatole cinesi.
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