di Veronica Ulivieri. Pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 13 aprile 2018.
Il rapporto della Fondazione Caponnetto: “Mafie sottovalutate per troppo tempo”. Dal clan Schiavone-Zagaria alla cosca Giglio, ecco chi comanda nella “Regione della bellezza”.
“La Toscana non è una terra di mafia, ma la mafia c’è”. Era lo slogan coniato dieci anni fa dalla Fondazione Caponnetto, ma di fronte ai 132 gruppi criminali censiti nella regione per un giro d’affari di 15 miliardi di euro, oggi non è più valido. Questi due numeri – i più impressionanti dell’ultimo rapporto presentato dalla fondazione – dimostrano che la frase va rivista: “Oggi la Toscana è terra di criminalità organizzata ed è in parte colonizzata dalla mafia”. Una terra in cui negli ultimi anni si è osservato un boom di reati, con aumenti tra il 20 e il 40 per cento, e dove, d’altra parte, come ha rivelato l’Espresso, si nasconderebbe il boss superlatitante di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro, protetto dalla ‘ndrangheta.
Una trama criminale che, operando con basso profilo e pochi fatti di sangue, mostra di aver messo radici nel tessuto economico della regione, contaminando con la propria cultura anche soggetti estranei alla malavita. “Ci mancavano anche i bambini che vanno all’ospedale. Che muoiano. Non m’importa nulla”, dice al telefono un operatore dei rifiuti intercettato dai carabinieri forestali di Livorno nell’inchiesta Dangerous trash su presunti smaltimenti illeciti di monnezza. Soggetti fuori dai circuiti della criminalità organizzata, ma che di questa hanno assorbito modi, approcci, linguaggio.
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