di Alessandra Codeluppi. Pubblicato su Il Resto del Carlino il 21 novembre 2018.
Reggio Emilia, 20 novembre 2018 – Una busta dal mittente quantomeno inquietante. Un possibile messaggio di carattere intimidatorio, il cui destinatario, l’avvocato Rosario Di Legami, lo percepisce «come una minaccia, senza dubbio», che potrebbe essere di origine mafiosa. Chi gliel’ha spedita, infatti, si è attribuito, scrivendolo a chiare lettere, l’indirizzo palermitano dove abita la famiglia del padrino di Cosa Nostra, Totò Riina, cioè via Scorsone, «il simbolo per eccellenza di ogni criminalità». Un nome cambiato da qualche giorno in via Terranova, dopo l’intervento dell’ex prefetto di Reggio, ora in carica a Palermo, Antonella De Miro. Di Legami si dice «preoccupato», ma suona come un eufemismo.
Lui è il legale di Palermo che da ormai quattro anni, dal gennaio 2015, quando scattò l’operazione contro la ‘ndrangheta ‘Aemilia’, gestisce e amministra i beni sequestrati alla cosca Grande Aracri, finiti al centro dell’inchiesta: un tesoro del valore di 500 milioni che gli affiliati hanno sempre cercato di preservare, anche durante il processo. Dentro la busta, «recapitata lunedì scorso al mio studio e che ho aperto davanti ai miei collaboratori», c’era un pezzo di carta igienica sporco di escrementi. «È una minaccia rivolta a me – rimarca Di Legami –. Era infatti indirizzata al mio recapito di lavoro, con un contenuto che specificava come mi considerano e una ‘firma’ del mittente».
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