Repubblica.it – 10 settembre 1992
FIRENZE – Si muovevano sotto la benedizione di Giacomo Riina, zio del boss Totò, e avevano sotto controllo due zone della Toscana: le coste intorno a Livorno, e Montecatini e la Valdinievole. Erano due cellule mafiose che ieri mattina sono state piegate da un operazione ordinata dal procuratore capo di Firenze Pier Luigi Vigna e dal sostituto Giuseppe Nicolosi e conclusa dal gruppo investigazione criminalità organizzata della finanza. Sei arresti, nove provvedimenti restrittivi fatti firmare ad altrettanti detenuti, due latitanti ora ricercati dappertutto. Per tutti la stessa accusa: associazione a delinquere di stampo mafioso.
Le due bande in affari in Toscana erano nate e cresciute sotto la benedizione di personaggi eccellenti come Giacomo Riina, 84 anni, palermitano, zio del “mammasantissima” Totò, da tempo trasferito a Budrio, nella provincia bolognese, ma da due mesi chiuso nel carcere di Bologna dove sta scontando una condanna a sette anni. E’ lui, secondo il Gico, il responsabile per i corleonesi degli affari mafiosi nell’ Italia del centro nord. Ed è lui, il capo della famiglia che teneva sotto controllo le cellule toscane che si occupavano del traffico d’ armi, di droga, rapine, estorsioni, truffe. Le cellule toscane facevano parte della cosca mafiosa di Misterbianco capeggiata dal boss catanese Giuseppe Pulvirenti, e si muovevano però sotto la guida della famiglia di Corleone del vecchio Giacomo Riina. Una conferma, questa, dell’ accordo fra le famiglie catanesi di Nitto Santapaola e quelle palermitane. L’ inchiesta del Gico nasce dal blitz del giugno ‘ 91 contro la mafia del tessile a Prato di Antonino Vaccaro e da quelo di maggio quando venne scoperto che passava dalla Toscana il traffico di armi ed esplosivi che riforniva i clan di Santapaola e Pulvirenti. Da quella indagine nacque la “pista toscana” per l’ attentato al giudice Giovanni Falcone.
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