La Repubblica.it – 20 ottobre 1992
di Franca Selvatici –
FIRENZE – Era un’ indagine in cui all’ inizio credevano in pochissimi. Partita da una storia qualunque di droga e di truffe, in un anno ha portato gli inquirenti nel cuore della struttura di Cosa Nostra nel centro-nord. L’ operazione scattata sabato a Milano, Bologna, Napoli e Catania ha mandato in carcere 17 persone, ha portato alla scoperta di alcuni chili di eroina e di un arsenale di armi da guerra, e ha consentito di sventare una nuova strage di mafia: un attentato contro un magistrato siciliano che avrebbe dovuto essere ucciso sabato o domenica, mentre andava a messa. E ancora: i documenti sigillati e sotterrati, che sono stati trovati nell’ autoparco di via Salomone 78, a Milano, non lontano dall’ Ortomercato, promettono sviluppi esplosivi su connivenze all’ interno della pubblica amministrazione.
L’ ostinazione di Nicolosi.
L’ ostinazione di un giovane magistrato, Giuseppe Nicolosi della direzione distrettuale antimafia di Firenze, e degli uomini del Gico della Guardia di Finanza del capoluogo toscano, ha trasformato un’ inchiesta da nulla in un cuneo nell’ organizzazione della Piovra al nord. Un’ organizzazione nella quale spicca la figura di Giacomo Riina, 84 anni, zio di Totò Riina, marito della sorella di Luciano Leggio, dal ‘ 67 al soggiorno obbligato a Budrio (Bologna), appassionato di Ludovico Ariosto, uomo di rispetto davanti al quale gli emissari di Cosa Nostra si inginocchiavano. La rete dei corleonesi Il plenipotenziario dei corleonesi al nord, secondo il procuratore distrettuale antimafia di Firenze Pier Luigi Vigna, che ieri, con il generale Bruno Nieddu e i colonnelli Maurizio Fronzoni, Stefano Avarelli e Sabino Gervaso della Guardia di Finanza, ha ricostruito l’ indagine. Un’ indagine senza pentiti, basata essenzialmente su intercettazioni ambientali e riprese fotografiche e cinematografiche, con l’ essenziale contributo del Sisde. E’ stata un’ intercettazione ambientale a imporre all’ inchiesta un’ improvvisa impennata. Da tempo era stato posto sotto controllo l’ autoparco di via Salomone, a Milano, che già due anni fa era stato individuato dai poliziotti di Milano e Caltanissetta come centro di traffici di stupefacenti. Nonostante questo, l’ attività era continuata. Per domani, mercoledì, era atteso un carico eccezionale: mille chili di cocaina dalla Colombia. Gli inquirenti lo sapevano, ed erano pronti ad entrare in azione domani. Ma qualche giorno fa gli apparecchi hanno registrato una conversazione drammatica: da un carcere del nord era arrivato l’ ordine di uccidere un magistrato, di fare una strage. Non si poteva aspettare un minuto di più. E così l’ operazione è partita sabato.
Gli arrestati sono Giovanni Salese, di Pachino (Siracusa), titolare dell’ autoparco di Milano; Rosario Medica, di Pachino, fermato con una valigetta contenente 255 milioni in contanti, appena ritirata da una cassetta di sicurezza dei Magazzini Frigoriferi di Milano (il cui caveau, si è scoperto, veniva utilizzato come circuito di depositi extrabancari); Ambrogio Crescente, di Vittoria (Ragusa); Emanuele Zuppardo, di Gela (Caltanissetta); Andrea Giuffrida, di Catania; Vincenzo Caccamo, di Pachino; Fabio Mazziotti, di Santa Maria Capua Vetere (Caserta); Vincenzo Denaro, di Rosolini (Siracusa); Pietro Spinale, di Catania; Abdellah Maffer, marocchino. A Sesto San Giovanni è stato arrestato Antonio Schettino, di Gragnano (Napoli), custode di un magazzino nel quale sono stati trovati cinque chili di eroina. Nell’ autoparco sono stati bloccati anche Biagio Ferrigno, di Gela; Giuseppe Troina, di Agira (Enna) e Antonino Maccarone, di Catania. A Medicina (Bologna) sono stati arrestati Francesco Paolo Leggio, di Corleone, nipote di Giacomo Riina, e Vincenzo Porzio, di Pachino, indicati come i luogotenenti del vecchio boss, che dallo scorso febbraio è in carcere a Bologna per scontare una condanna a 7 anni per associazione mafiosa. Per le operazioni più importanti lo sostituiva Leoluca Bagarella, fratello della moglie di Totò Riina. Ora è ricercato. Cinque ordini di custodia sono stati notificati in carcere a Giacomo Riina; a due trafficanti libanesi, Ibrahim Al Barrage e Maurice Joseph Shallitta; a Ludovico Tancredi, aquilano, capo di un clan coinvolto in una sanguinosa faida in Versilia; e a Luigi Miano, detto Jimmy, 42 anni, catanese, il capo dei Cursoti a Milano. In giugno Miano fu lasciato agonizzante davanti all’ ospedale Cardarelli di Napoli. Condannato all’ ergastolo per l’ omicidio di Frank Turatello, dopo la convalescenza fu chiuso nel carcere di Poggioreale. Ma di qui, un mese fa, è stato trasferito a Livorno. Pare che stesse per evadere, grazie all’ aiuto degli uomini di Santapaola. Ed è forse in relazione a questo oscuro episodio che l’ ultimo degli arrestati è un tranquillo funzionario delle dogane, Giovanni Acerra, 37 anni, di Caivano (Napoli), fratello del direttore del carcere di Poggioreale. Le accuse: associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata al traffico di stupefacenti e di armi.
Un consorzio d’ affari
Gli investigatori sono convinti di aver messo le mani su una sorta di consorzio di affari che riuniva elementi del clan dei Cursoti, uomini della famiglia mafiosa di Nitto Santapaola e del clan Madonia di Gela, sotto il ferreo controllo dei corleonesi. L’ autoparco di Milano, dove era stato costruito un piccolo bunker, si sta rivelando una miniera: 150 uomini stanno scavando, vuotano cointainer, setacciano gli uffici e le auto parcheggiate. Sono già saltati fuori 17 fucili a pompa, una pistola mitragliatrice Uzi, sette pistole di cui una con il silenziatore, un fucile mitragliatore, munizioni, un paio di chili di cocaina, gioielli, una cinquantina di milioni in contanti, schede contabili che denunciano un giro d’ affari impressionante, con rimanenze fino a un miliardo e mezzo al giorno.
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