di Paolo Bonacini. Pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 19 aprile 2020.

Nel comune già sciolto per mafia nel 2016, assembramento (con due malati che hanno violato la quarantena) non autorizzato alle esequie dell’85enne Paolo Pucci, padre di Santina, moglie di Francesco Grande Aracri, uomo di spicco e punto di riferimento locale della omonima famiglia di ‘ndrangheta messa alle strette dalle inchieste e dai processi delle Dda.

Brescello tiene banco anche al tempo del coronavirus. Nel comune di Peppone e don Camillo, commissariato per mafia nel 2016, i carabinieri hanno denunciato complessivamente 15 persone colpevoli di avere assistito alla tumulazione presso il cimitero locale di un 85enne vittima di Covid 19. Due di loro, un uomo e una donna parenti stretti del defunto, non potevano uscire di casa perché a loro volta positivi e dovranno rispondere di epidemia colposa e violazione del divieto di quarantena. La vittima non era semplicemente uno dei tanti anziani che soccombono al virus sulle rive del Po tra Cremona, Piacenza, Parma e Reggio Emilia. Paolo Pucci è il padre di Santina, moglie di Francesco Grande Aracri, uomo di spicco e punto di riferimento locale della omonima famiglia di ‘ndrangheta messa alle strette dalle inchieste e dai processi delle Dda calabrese ed emiliano romagnola. Francesco ora è in carcere e la moglie Santina Pucci è a sua volta indagata nel processo di mafia Grimilde, la cui udienza preliminare è prevista il 13 maggio.

Il funerale di Paolo Pucci, come purtroppo avviene per tutti in concomitanza con l’emergenza sanitaria, non poteva svolgersi, visto il decreto della Presidenza del Consiglio dell’8 marzo che vieta le esequie nelle zone più colpite del paese, compresa Reggio Emilia. Ma il giorno dopo la morte, il 3 aprile, il comune di Brescello (come tutti gli altri comuni della provincia) ha autorizzato le deroghe al divieto che consentono al momento della tumulazione non più di dieci persone, compresi gli operatori funebri, con l’obbligo della distanza di sicurezza. In realtà così non è stato per Paolo Pucci, secondo i Carabinieri, con la sepoltura che è diventata una sorta di funerale non autorizzato. Un assembramento illegittimo contro il quale si sono scagliati in diversi sui social: “Perché a loro è consentito seppellire i propri cari e a noi no?”. La reazione non ha tardato ad arrivare, con una frase minacciosa pubblicata sul sito facebook “Sei di Brescello se…”. C’era scritto tra l’altro, firmato da un componente della famiglia Pucci: “Dimmi dove abiti che ti vengo a spaccare il muso”. L’amministratore del sito ha poi provveduto a rimuovere la minaccia.

Per continuare a leggere, clicca qui.