Pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” il 30/03/2020

L’emergenza legata al coronavirus rischia di essere un assist clamoroso per le associazioni criminali. Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra potrebbero trarre beneficio dalla crisi scatenata dall’epidemia. Le misure per contenere il contagio, infatti, costringono a casa anche quella fascia di popolazione più debole, cioè chi prima dell’emergenza non aveva un impiego fisso o regolare. Il risultato è una moltiplicazione dell’indice di povertà, soprattutto nelle Regioni del Sud Italia. “C’è un pezzo di popolazione che esce di casa la mattina con il solo obiettivo di sfamare la propria famiglia, senza un punto di riferimento. Tutte queste famiglie ora non hanno possibilità di trovare soluzione alla sussistenza“, fa notare Pietro Grasso, ex procuratore nazionale Antimafia e già presidente del Senato. È tra quelle fette di popolazione che i clan potrebbero rafforzarsi. “C’è il serio rischio che le mafie possano aumentare il proprio business in questa situazione di emergenza: penso all’offerta che hanno dato in alcuni territori alle famiglie in difficoltà, ma anche ai settori economici funzionanti come quello ortofrutticolo, della grande distribuzione agroalimentare o dei rifiuti speciali, in cui investono e che sono ora ancora più strategici. Con la Dia e la Guardia di finanza stiamo monitorando la situazione ed effettuando degli approfondimenti”, dice il Procuratore nazionale Antimafia, Federico Cafiero De Raho.

L’altro virus – I tentati assalti ai supermercati di Palermo e Napoli hanno mostrato come la situazione potrebbe esplodere da un momento all’altro. “Una polveriera sociale“, l’ha definita il ministro del Sud, Giuseppe Provenzano, sottolineando il rischio per la “tenuta democratica”. Sullo sfondo della rabbia di chi non riesce a mettere nulla in tavola, infatti si allunga l’ombra dei clan, che hanno sempre grande disponibilità di liquidi e sono pronti a beneficiare anche della fase successiva: la ricostruzione. A lanciare l’allarme sono magistrati autorevoli come Antonino Di Matteo e Roberto Tartaglia. Entrambi ex pm della procura di Palermo, hanno fatto parte del pool che ha indagato sulla Trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa nostra. “C’è un altro terribile contagio che dobbiamo scongiurare in questo momento: l’economia legale rischia di essere infettata ancora di più dalle mafie. La mafia punta a prendersi le aziende in crisi“, dice Di Matteo, ora consigliere del Csm in una intervista a Repubblica. “In questo momento si profilano come in una ‘tempesta perfetta’, i quattro presupposti che chiamerei “classici” e che da sempre invogliano e arricchiscono la criminalità organizzata”, dice invece Tartaglia, consulente della commissione Antimafia.

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