di Christian Elia e Sofia Nardacchione. Pubblicato il 12 gennaio 2024 su IrpiMedia.

Dopo le sigarette, gli stupefacenti: cannabis, cocaina ed eroina viaggiano da una sponda all’altra dell’Adriatico da decenni. Cambiano i carichi, gli attori e le rotte, ma i traffici non si interrompono. E modellano i territori.

«Una volta ottenuto il controllo del settore delle sigarette, una persona comincia a organizzarsi, perché inizia a guadagnare già con la vendita delle sigarette trasportate nel primo motoscafo. […] Poi inizia a prendere il controllo della droga nel Paese. Ci deve rimettere, ma non ci rimette mai perché è difficile rimetterci sulla droga», spiegava nel 1993 Salvatore Annacondia, detto Manomozza, uno dei più potenti boss della sacra corona unita nel barese. Il boss stava rispondendo alle domande del presidente della Commissione antimafia Luciano Violante e aggiunge che «avendo il controllo dell’eroina, hai il controllo di tutti i pregiudicati del posto, non hai più persone che ti possano ostacolare, puoi fare tutto quello che vuoi perché ormai non hai più avversari».

Manomozza descriveva un sistema criminale in cui un traffico alimenta l’altro. Pochi anni dopo la sua testimonianza, però, con l’operazione Primavera del 2000 e la fine del sistema di contrabbando delle sigarette, quell’intera economia viene scardinata. I traffici però non si fermano, e anche le geografie rimangono le stesse: uguali sono le rotte, cambiano i soggetti. E per capire i traffici criminali dell’Adriatico oggi, lo sguardo si deve ampliare e arrivare fino all’altra parte del mondo.

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