Lo Stato li ha condannati per mafia e adesso lo Stato deve proteggere i figli del boss Nicola Femia da quella stessa mafia di cui fanno parte?
Ecco: siamo davanti a questo grande paradosso oggi in Emilia-Romagna.
Guendalina Femia detta Wendy e Nicola Maria Rocco Femia figli del “boss” condannati a 10 e 15 anni rispettivamente per mafia in Emilia- Romagna nella sentenza di primo grado del processo “Black Monkey” del 22 febbraio 2017 a Bologna.
I figli del boss Nicola Femia detto “u curtu”, lo stesso che minacciava il giornalista Giovanni Tizian di morte perché i suoi articoli accendevano i riflettori sugli affari della famiglia Femia.
Ma oggi sembra che qualcosa sia cambiato, sembra che il “boss” stia collaborando con la giustizia e stia parlando.
Ma di cosa?
Sembra stia raccontando i suoi rapporti con le altre cosche mafiose presenti sul territorio emiliano-romagnolo e per questo motivo i figli di Rocco sarebbero dei bersagli perfetti per chi si sente minacciato nei suoi affari loschi e nella libertà di poter continuare a fare soldi sporchi in E-R.
Inoltre “Rocco” è stato ascoltato dal Procuratore della DDA di Catanzaro il Dott. Gratteri in merito al processo “Anjie” per rapporti con i narcotrafficanti albanesi e calabresi.
Infine Nicola Femia è stato condannato in via definitiva a 23 anni reclusione per traffico di droga.
I figli del boss Femia hanno paura e vogliono protezione.
Ma è giusto sapere che le aziende della famiglia Femia sono ancora attive sul territorio romagnolo nel caso specifico a Lugo di Romagna (Ra) e sempre legate al gioco d’azzardo, la stessa attività che gli ha portati ad essere condannati in primo grado.

Per questa ragione ci chiediamo come sia possibile pensare che Guendalina e suo fratello, che continuano a fare soldi con le loro attività legate al gioco d’azzardo e mai hanno dato segni di ravvedimento, possano rientrare in un programma di protezione.
Perché lo Stato dovrebbe proteggere chi continua a lucrare sulla disperazione della gente, grazie al gioco d’azzardo, e fino ad ieri l’ha fatto in maniere illegale?
Si potrebbe dire “E’ legale”, ma la domanda vera è: “E’ giusto?”.
Pensiamo che tutte le istituzioni regionali e non debbano alzare al massimo livello la loro attenzione perché nessuno possa confondere le vittime con i carnefici.