di Salvo Palazzolo. Pubblicato su La Repubblica Palermo il 26 settembre 2019.

I clan perdenti di un tempo, sterminati dalla Cosa nostra di Riina, ora comandano. I boss sopravvissuti sono diventati manager nel settore alimentare e dell’intermediazione finanziaria. L’operazione fra Caltanissetta e Brescia.

Negli anni Ottanta erano pastori, ladri, rapinatori. Si erano messi in testa di essere un clan, e di fare la guerra alla mafia ufficiale, la Cosa nostra di Riina e Provenzano, nel cuore della Sicilia, fra Agrigento e Caltanissetta. In tanti furono uccisi, chi restò in vita venne invece mandato in esilio. Un passato che sembrava non dovesse più tornare. Invece, adesso, la squadra mobile di Caltanissetta e il Servizio centrale operativo della polizia hanno scoperto che i “ribelli” di un tempo sono diventati la nuova classe dirigente mafiosa che governa Gela, uno dei centri più ricchi della provincia nissena. In trentacinque sono stati arrestati questa notte in un blitz imponente, disposto dalla direzione distrettuale antimafia nissena, che ha posto la città sotto assedio. Altri 15 fiancheggiatori dei padrini siciliani sono stati bloccati in Nord Italia su disposizione della dda di Brescia, nell’ambito di un’ordinanza che riguarda complessivamente 75 persone, arrestate per reati finanziari, tutti legati agli affari dei clan. Gli accertamenti condotti con la collaborazione dalla Guardia di finanza hanno portato a sequestri di beni per 35 milioni di euro.

L’inchiesta siciliana, curata dalla squadra mobile di Caltanissetta diretta dal vice questore aggiunto Marzia Giustolisi, racconta di un’organizzazione potente retta da alcuni scarcerati eccellenti, che ha sancito una solida pax mafiosa con la Cosa nostra ufficiale, sul territorio gestiva le attività classiche dei clan. Il più autorevole era Bruno Di Giacomo, il capo storico della Stidda: era subito tornato in attività dopo aver finito di scontare vent’anni di carcere. Lo stesso avevano fatto i suoi fratelli, Giovanni e Vincenzo.

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