Nicola Morra è dal 14 novembre 2018 Presidente della Commissione parlamentare antimafia. Nato a Genova, si laurea all’Università La Sapienza di Roma, poi frequenta un corso di perfezionamento in bioetica a Bari. Insegna storia e filosofia nei licei della Calabria per quasi vent’anni. Nel 2011 viene eletto senatore per il Movimento 5 Stelle.

Analizzando il profilo evolutivo delle mafie, possiamo dire che siamo dinanzi ad un essere in continua evoluzione. Già nei primi anni ‘90 il collaboratore di giustizia Leonardo Messina, dinanzi alla commissione che oggi lei presiede, parlava di una mafia che sarebbe diventata “invisibile”. Oggi la mafia spara meno ma fa molti più affari. Una mafia che così facendo si inabissa e non viene più percepita dai cittadini come minaccia. Come si combatte una mafia di questo genere?

“Una mafia che si inabissa si combatte seguendo i soldi. La lezione di Giovanni Falcone non è mai venuta meno. Le mafie cercano l’arricchimento illecito, il silenzio è la copertura migliore, quindi per fronteggiare l’evoluzione della criminalità organizzata bisogna comprendere i suoi campi d’interesse che sono i settori economici che più rendono economicamente, che più sono permeabili alle infiltrazioni. E purtroppo, per non peccare di ingenuità, direi che tutta l’economia è sotto attacco ed è permeabile. Quindi bisogna potenziare i controlli fiscali, rendere forti le regole sul diritto societario e combattere le false fatturazione. Questo darebbe grande respiro in uguale misura a tutti gli operatori economici onesti che sono soffocati da questa concorrenza sleale”.

Mafie al Nord. È ancora purtroppo viva l’idea di una mafia culturalmente arretrata, che nasce e si sviluppa soltanto nel meridione di Italia. Eppure sono molteplici i processi giudiziari celebrati al Nord che vedono la mafia parte integrante del tessuto sociale, con rapporti reciproci e frequenti con imprenditoria, politici locali, banche. Come si spiega questa falsa percezione? Sottovalutazione o collusione?

“Io penso che questa percezione ormai appartenga al passato. Oggi c’è una più chiara percezione di come le mafie non hanno confini sia nazionali che internazionali. Chi continua a credere che le mafie non ci sono nel nord, o è ingenuo o è semplicemente complice. Ci riagganciamo a quanto detto prima, le mafie inseguono il denaro. E il nord è fonte di grande ricchezza non capisco perché dovrebbe essere immune dall’aggressione mafiosa. Ci potremo dire immuni, non solo al nord, ma ogni territorio, quando sapremo respingere con fermezza la cultura mafiosa”.

È stato spesso detto che al Nord ci sono i giusti anticorpi per impedire la diffusione della cultura mafiosa, ma i fatti smentiscono tali dichiarazioni. Cosa ne pensa in proposito?

“Mi ripeto, ogni territorio deve saper dire no al racket, alla prevaricazione, al denaro facile, all’illusione che accettare una mano mafiosa è qualcosa di temporaneo e che in fin dei conti non fa male. Gli anticorpi devono essere di tutta la società civile, anticorpi che si basano sulla creazione di una società solidale, in cui le persone sanno camminare insieme. Le mafie attaccano il più delle volte i soggetti deboli, l’imprenditore in difficoltà: ecco che il sistema tutto deve saper reagire insieme ma avere anche le risposte che oggi la mafia offre come servizi”.

Antimafia è una bella parola, ma nel corso degli anni sono stati molteplici i casi in cui personaggi ritenuti paladini dell’antimafia sono stati poi coinvolti in vicende giudiziarie e accusati a vario titolo di favoreggiamento alla criminalità organizzata. Cosa significa per lei essere antimafia e come si combattono certe commistioni.

“Antonello Montante su tutti è uno dei personaggi che hanno inquinato pesantemente l’antimafia con la loro doppiezza. Non ci devono essere santi o eroi, ma semplicemente cittadini che lavorano insieme. Non ci deve essere un singolo ma una comunità. Troppe volte si cerca un eroe, un singolo che diventa al contempo bersaglio ed anche il soggetto sulle cui spalle si scarica l’ignavia degli altri. Così non va. Antimafia deve essere patrimonio di tutti e deve essere associata alla parola responsabilità. Noi tutti dobbiamo essere responsabili di chi ci sta a fianco, del debole, dell’ultimo ed insieme siamo responsabili delle nostre comunità che diventano luoghi di crescita e solidarietà”.

A proposito di commistioni nella passata legislatura la commissione all’epoca presieduta da Rosi Bindi, si è occupata dei rapporti tra logge massoniche e criminalità organizzata. Cosa pensa di tale commistione? Intende proseguire questo filone?

“Assolutamente sì, è mia priorità scavare nei rapporti della massoneria con le mafie. Io credo che in questo terribile intreccio si annidi il vero problema della nostra società. In questi luoghi di poteri opachi, dove pezzi di Stato, pezzi di società e pezzi di mafia si incontrano e ordiscono trame, credo ci sia il cardine che deve essere spezzato, prima che diventi un vero rischio per la tenuta democratica del Paese”.

Passiamo ora ai rapporti tra Stato mafia, rapporti storici e mai interrotti. Basti pensare al ruolo avuto durante lo sbarco degli alleati, alla strage di Portella della Ginestra, al periodo stragista, fino ad arrivare alla trattativa Stato-mafia. Mafia quindi sempre più organica al potere politica. Come se ne viene fuori?

“Facendo luce sulle verità nascoste delle stragi del ’92 e del ’93. Finché non sapremo la verità, questo patto scellerato continuerà a vivere e sopravvivere ed è inammissibile che parti di Stato hanno intralciato e chissà forse colpito proprio gli uomini di Stato impegnati nella lotta alle mafie”.

Avete designato tra i collaboratori della commissione parlamentare il dott. Roberto Tartaglia, PM del processo sulla trattativa stato mafia, chiaro segnale che si vuole proseguire nella ricerca della verità su quello che viene considerato tra i periodi più oscuri della storia repubblicana. C’è ancora molta verità omessa. Quali saranno i prossimi passi?

“La commissione ha un comitato specifico sulla trattativa. Non abbiamo la presunzione di arrivare, noi come Commissione, alla verità, ma di certo faremo tutto quanto è nelle nostre facoltà per facilitare questo risultato, che vede in campo tante forze, soprattutto la Direzione Nazionale Antimafia. Se consideriamo che c’è stata una trattativa tra mafia e Stato, tra mafia e pezzi di politica, la Commissione ha un ruolo centrale nel fare luce su questi rapporti”.

La mafia è sempre più un fenomeno globale che sviluppa relazioni e rapporti in tutto il globo e con un giro d’affari spaventoso. Come si può combattere un fenomeno del genere, se le legislazioni dei vari paesi, basti pensare ai paesi UE, non prevedono il reato di associazione mafiosa?
“Bisogna intervenire proprio sulle differenti legislazioni e avere chiara l’idea che le mafie non hanno confini e quindi è necessario che le leggi di differenti Paesi abbia come comune obiettivo la volontà di combattere questo fenomeno”.

Cosa ha fatto la commissione in questo primo anno del suo mandato? Può anticiparci quali saranno alcuni focus della commissione nei prossimi anni?

“È stato svolto molto lavoro, ma per me e tutti i membri è sempre poco. L’antimafia è un campo troppo vasto, perché possiamo mai sentirci soddisfatti di quanto fatto. Certamente un risultato importante è la desecretazione che abbiamo messo in atto, un lavoro che continuerà a passo spedito. Questo è un nostro focus importante”.

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E non perderti l’appuntamento del prossimo mese con #microfonoinmano, le interviste di Mafie sotto casa 🙂