di Lorenzo Bodrero. Pubblicato su Irpimedia il 10 aprile 2024.

Le indagini a carico di Alberto Pizzichemi, Gianfranco Puri e Francisc Kelemen disegnano un sistema di intestazioni fittizie per evitare i sequestri e spostare all’estero capitali. La storia comincia con le “mini-idro” e gli incentivi verdi.

L’imprenditore Alberto Pizzichemi ha già subito diversi sequestri e nel 2020 è stato condannato per riciclaggio a nove anni di carcere. Nel 2018, il tribunale di Bologna ha ordinato di mettere i sigilli a 11 appartamenti, garage, terreni, capannoni industriali in Emilia Romagna, società in Calabria e nel Lazio e a una tabaccheria a Bologna. Valore complessivo: otto milioni di euro. Nel 2020 la stessa sorte è toccata a un patrimonio quantificabile in 18 milioni di euro, di cui 15 depositati su conti svizzeri, immobili di lusso in Bulgaria, società in Italia e Romania.

Le operazioni di Pizzichemi secondo i magistrati sarebbero servite a ripulire i soldi di diverse cosche di ‘ndrangheta. Gli inquirenti scrivono che è in rapporti di «contiguità» in particolare con gli Iamonte, famiglia che comanda sia a Melito di Porto Salvo, in provincia di Reggio Calabria, sia a Desio, in provincia di Monza e Brianza.

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