di Giuseppe Baldessarro e Attilio Bolzoni. Pubblicato il 30 maggio 2017 su mafie.blogautore.repubblica.it

Senza sparare un colpo si stanno prendendo l’Italia più ricca. Comprano e corrompono, arrivano dappertutto. Si offrono alle imprese, alle banche, alle amministrazioni pubbliche, al mondo delle professioni. Non portano la coppola come tanto tempo fa ma non si presentano neanche come manager della finanza, non sono colletti bianchi e non sono colletti neri, sono sempre e soltanto loro: mafiosi. È la solita razza che divora tutto.
La crisi economica ha spalancato loro le porte, ma non è solo quella che li ha resi attraenti: nel profondo Nord c’è anche tanta voglia di mafia.
Trasferiscono fiumi di denaro e in cambio si impossessano di pezzi di mercato. Non è più solo droga e non è più solo movimento terra. Ci sono le slot machine, c’è il pizzo, ci sono i “servizi”,  i trasporti, gli appalti, ci sono i piani regolatori, c’è l’industria alberghiera, c’è la grande distribuzione. Fanno affari con tutti. In ogni regione, nelle grandi città e soprattutto nei piccoli comuni, con amministratori di destra e di sinistra, hanno i loro sindaci e hanno i loro “consigliori”, tutti indigeni, tutta brava gente che – al contrario di siciliani e calabresi e campani – si è sempre vantata di avere quegli “anticorpi” per resistere all’infezione.
C’è molto più ‘Ndrangheta di Cosa Nostra, che ormai – disarticolata nella sua struttura militare – privilegia attività legali protette da amici in alte sfere. C’è anche un bel po’ di camorra. E’ un partito criminale che, anno dopo anno, si è rafforzato e si è esteso senza incontrare resistenza. Più che infiltrati dobbiamo considerarli ospiti,. E quasi mai indesiderati.

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