di Valentina Reggiani, pubblicato su “Il resto del Carlino” il 18.01.2019

Era il luglio del lontano 2003 quando il corpo di una ragazza nigeriana riaffiorò nel canale Diversivo a Mirandola. Per il delitto della lucciola finì in carcere una ‘maman’, sfruttatrice di prostitute nere con l’accusa di concorso in omicidio. Ma i tentacoli della mafia nigeriana, ritenuta oggi la più pericolosa, hanno raggiunto il nostro territorio ben prima, alla fine degli anni Ottanta quando i corpi seminudi delle ragazze sbarcate alla Bruciata, la loro gabbia, richiamavano l’attenzione di giovani di mezza Italia.

Quando i casalesi e i nigeriani – che reclutavano con false promesse le giovani di Benin City – iniziarono a fare affari nel Mezzogiorno prima e al Nord Italia poi. Perchè ‘l’affare’ delle giovanissime ragazze ‘esportate’ come animali, private di qualsiasi diritto da subito fu fiutato dai casalesi nella culla delle famiglie Schiavone – Zagaria: Castel Volturno

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