di Luciano Tirinnanzi e Stefano Piazza. Pubblicato su Panorama il 16 agosto 2019.

La criminalità organizzata punta a fare business in un paese che al momento ha capacità di reazione ridotte.

Svizzera, terminale della ’ndrangheta. Somiglia a un romanzo di Stieg Larsson, invece è il quadro che la Dia – Direzione investigativa antimafia – fa nella sua relazione semestrale sulle mafie italiane in Europa. Operazioni finanziarie sospette, riciclaggio di capitali illeciti, nuove affiliazioni sono tra le novità più rilevanti dell’evoluzione affaristica della criminalità calabrese al Nord.

Lo confermano anche nove condanne nel processo conclusosi lo scorso marzo dove, grazie all’Operazione Helvetia partita nel 2014, è stato scoperchiato il malaffare oltrefrontiera, radicato in particolare nella città di Frauenfeld «con la piena e diretta rispondenza alla terra d’origine degli affiliati», come rilevato dagli investigatori. Il giudice Fulvio Accurso del tribunale di Locri, nel condannare questi soggetti a pene detentive tra i 10 e i 13 anni, ha scritto: «Tutti gli arrestati avevano fatto parte della locale ’ndrangheta di Frauenfeld, direttamente dipendente da quella di Fabrizia, località in provincia di Vibo Valentia».

Secondo Fedpol, l’ufficio federale di Polizia elvetica, gli ’ndranghetisti sono da tempo «presenti in tutti i Cantoni della Svizzera, in particolare nel Canton Vallese e nel Canton Ticino, senza dimenticare le aree urbane come Basilea e Zurigo». A sottoscriverlo è anche Dimitri Bossalini, comandante della polizia di Locarno e presidente di Polcom Ticino, che già nel 2016 aveva denunciato «l’infiltrazione della criminalità organizzata, che sta erodendo letteralmente il tessuto economico». Parole che trovano conferma anche con quanto emerso dall’Operazione Stige, che nel 2018 ha portato all’arresto di 169 persone dedite al riciclaggio, tra locali di proprietà delle ’ndrine e partecipazioni in società fittizie, nel business dell’enogastonomia.

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