di Paolo Bonacini. Pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 10 febbraio 2019.

In due settimane due sparatorie e quattro veicoli a fuoco nel capoluogo emiliano: tutti in zone riconducibili ad alcuni dei principali imputati del procedimento contro i clan al nord. E alla vigilia dell’inizio di un nuovo procedimento, per due omicidi commessi nel 1992. Indagano gli investigatori. Alla fine del processo Aemilia, il pentito Valerio aveva detto: “Non illudiamoci che la cosca verrà eliminata con le condanne, perché altri ‘ndranghetisti fuori si stanno riorganizzando con mezzi e metodi diversi. Dovranno sparare se vogliono il comando, come abbiamo fatto noi cutresi nel Novanta”

Due pizzerie colpite nella notte con proiettili sparati contro ingressi e vetrate. Bigliettini con minacce ai gestori ritrovati dalle forze di polizia, un altro locale dove i Vigili del Fuoco sventano un incendio dalle cause oscure. E poi tre auto e un furgone bruciati con la benzina versata sui seggiolini dai finestrini spaccati nel parcheggio di un quartiere. Il tutto nell’arco di due settimane. Reggio Emilia è preoccupata di questa nuova escalation di violenza. Venerdì il prefetto Maria Grazia Forte ha riunito il comitato per la sicurezza e l’ordine pubblico. Seduti attorno a un tavolo, il questore Antonio Sbordone, i comandanti di Carabinieri e Guardia di Finanza, Cristiano Desideri e Roberto Piccinini, il procuratore capo di Reggio Emilia Marco Mescolini. Hanno fatto il punto sulle indagini e ragionato su come tutelare l’incolumità dei gestori dei locali minacciati. Fino ad oggi sono quattro: in media fa un’intimidazione ogni tre giorni.

La “profezia” del pentito – Cosa sta succedendo nel capoluogo reggiano? Chi e perché ha deciso di uscire allo scoperto a colpi di minacce, incendi e sparatorie? È solo una guerra tra bande o c’è qualcosa di più serio? Reggio è pur sempre la città del processo Aemilia, il primo maxi procedimento alla ‘ndrangheta del Nord Italia. Proprio alla fine del processo, il collaboratore di giustizia Antonio Valerio si era rivolto alla corte con una dichiarazione che aveva fatto scalpore: “A Reggio Emilia siete tutti sotto scacco. Non illudiamoci che la cosca verrà eliminata con le condanne, perché altri ‘ndranghetisti fuori si stanno riorganizzando con mezzi e metodi diversi. Dovranno sparare se vogliono il comando, come abbiamo fatto noi cutresi nel Novanta”. Era l’ottobre scorso: tre mesi dopo quelle parole sembrano quasi profetiche. Non è detto che siano azioni di ‘ndrangheta ma è naturale che sia quella una delle direzioni verso cui guardano le indagini. “Siamo nel 2019 e non nel 2010”, dice uno degli investigatori più esperti, sottolineando che la conoscenza del crimine organizzato oggi in provincia consente di avviare indagini mirate.

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