Pubblicato su Rainews il 10.06.2019
Arrestato a Bangkok nel marzo 2012, dopo una latitanza all’estero durata oltre venti anni, nel dicembre 2013 è stato estradato in Italia per scontare la pena.
I finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Palermo hanno eseguito un provvedimento di sequestro e congelamento di beni disposto dalla Corte Reale Civile del Regno di Thailandia nei confronti di Vito Roberto Palazzolo, ex tesoriere del boss Riina. Palazzolo, esponente di primo piano di Cosa Nostra, riciclatore e tesoriere per conto dei mafiosi del calibro di Totò Riina e Bernardo Provenzano, è stato condannato in via definitiva, nel 2009, a nove anni di reclusione per associazione di stampo mafioso. Tratto in arresto a Bangkok nel marzo 2012, dopo una latitanza all’estero durata oltre venti anni, nel dicembre 2013 è stato estradato in Italia per scontare la pena irrogatagli.
Tratto in arresto a Bangkok nel marzo 2012, dopo una latitanza all’estero durata oltre venti anni, nel dicembre 2013 è stato estradato in Italia per scontare la pena irrogatagli. Attualmente, è in affidamento ai servizi sociali. “Palazzolo è stato l’indiscusso protagonista dell’eclatante traffico internazionale di sostanze stupefacenti, svoltosi nei primi anni Ottanta tra la Sicilia, l’Estremo Oriente e gli Stati Uniti, più noto con il nome di Pizza connection’, le cui indagini erano coordinate dal Giudice Giovanni Falcone e dal Procuratore Distrettuale di New York Rudolph Giuliani”, dicono gli inquirenti. Nel 1984, su richiesta dell’Autorità Giudiziaria italiana, Palazzolo venne tratto in arresto dalle Autorità Elvetiche; temendo di essere giudicato dall’Autorità Giudiziaria Italiana, in attesa dell’estradizione, confessava alle Autorità Svizzere le sue relazioni con i principali protagonisti del traffico di sostanze stupefacenti. Infatti il Palazzolo, per i fatti specifici di ”Pizza connection” aveva riportato in Italia una condanna, in primo grado, alla pena di anni 12 di reclusione (sentenza resa dal Tribunale di Palermo in data 12.10.2000) che poi era stata revocata, in appello, per l’applicazione del principio del cosiddetto ne bis in idem internazionale, proprio in considerazione dell’esistenza del giudicato elvetico che lo aveva condannato a tre anni di reclusione per il concorso nel traffico internazionale di stupefacenti e riciclaggio.
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