di Paolo Bonacini. Pubblicato il 4 giugno 2019 su cgilreggioemilia.it

Nel 2016 Giuseppe Giglio, collaboratore di giustizia nel processo Aemilia, parla a Venezia con i sostituti procuratori della Direzione Antimafia. Fa il nome di una società estera, la Italcantieri SHPK, “formalmente costituita da me, Pasquale Riillo e da Refat Muzhaqi” in Albania.

Alcuni giorni dopo è la dott.ssa Beatrice Ronchi della DDA di Bologna a chiedergli lumi su questa storia e Giglio risponde: “Diciamo che siamo arrivati in Albania tramite degli appalti di lavoro. Tramite questo Refat e altri personaggi poco raccomandabili, che furono mandati da Pino Codamo a Riillo. E Riillo li presentò a me”.

Pasquale Riillo e Giuseppe Codamo sono due fedeli collaboratori di Giglio, condannati in primo grado dal collegio reggiano del processo Aemilia a 26 anni e 8 mesi il primo, 6 anni e 6 mesi il secondo.

Codamo, crotonese di 63 anni residente a Vignola, è accusato di avere partecipato per la cosca al furto di 190 pneumatici Bridgestone da un Tir, simulando una rapina e il sequestro dell’autista, in realtà loro complice, con tanto di falsa denuncia ai Carabinieri di Suzzara. Che però hanno fiutato la messinscena.

Pasquale Riillo è invece un personaggio di primo piano, braccio destro di Giuseppe Giglio nel prendere e rilanciare l’organizzazione delle truffe societarie e delle frodi carosello ideata nel modenese da Paolo Pelaggi e poi stroncata dall’indagine e dal processo Point Breack. Nato a Isola Capo Rizzuto nel 1966 e residente a Viadana, aveva lavorato per le cosche del suo paese d’origine, gli Arena e poi i Nicoscia, prima di affidarsi agli esponenti emiliani dei Grande Aracri, dopo la fine dei regolamenti di conti tra le famiglie crotonesi.

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