“La criminalità nigeriana si caratterizza per l’alta specializzazione nei traffici di stupefacenti, nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e nella tratta di esseri umani finalizzata allo sfruttamento della prostituzione. La violenza a volte è elemento costitutivo, a volte è funzionale alla commissione dei reati, ma è presente anche e soprattutto nei riti di affiliazione, quale condizione necessaria per essere ammessi e per evitare l’emarginazione sociale”.

È questo, secondo la Direzione Investigativa Antimafia, il modus operandi tipico della mafia nigeriana.

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OPERAZIONE FALSA SPERANZA

Il 24 luglio 2017 i Carabinieri di Bologna, coordinanti dalla DDA bolognese, hanno disarticolato un’organizzazione criminale dedita allo sfruttamento della prostituzione, praticato con modalità particolarmente violente nei confronti delle vittime. Undici i nigeriani arrestati e molteplici i reati contestati:

  • sfruttamento della prostituzione con tratta
  • associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione ed all’ingresso illegale di cittadini extracomunitari
  • procurato ingresso illecito di immigrati sul territorio nazionale
  • abusiva attività di raccolta del risparmio
  • abusiva attività finanziaria
  • violenza sessuale di gruppo
  • riduzione in schiavitù
  • tratta e commercio di schiavi
  • ed, infine, lesioni gravissime con perdita di parte dell’organo riproduttivo.

Le indagini sono scaturite dalla denuncia presentata nel luglio 2016 da una cittadina nigeriana, illegalmente introdotta sul territorio nazionale con il miraggio di un lavoro nel settore ospedaliero.

“Giunta a Bologna- racconta la DIA-, la donna era stata portata in casa di una connazionale che l’aveva resa edotta delle reali condizioni del supporto ricevuto per giungere in Italia: la donna avrebbe dovuto prostituirsi per ripagare la somma di 10 mila euro corrispondenti al “prezzo” del viaggio”. A guidare il sodalizio smantellato dalla DDA di Bologna, una donna nigeriana mentre altri connazionali operavano direttamente in Nigeria e provvedevano alla selezione delle potenziali vittime, scelte ovviamente tra le fasce più povere della popolazione, alle quali veniva prospettata l’allettante ipotesi di un lavoro “normale”.

“Proprio questa falsa speranza- prosegue la DIA- induceva le ragazze ad accettare di legarsi all’associazione sottoponendosi a riti iniziatici, in seguito ai quali si impegnavano a saldare il debito contratto per il viaggio in Italia. La mancata corresponsione del debito avrebbe legittimato le violenze non solo nei loro confronti, ma anche dei familiari rimasti in Nigeria. L’organizzazione criminale poteva, tra l’altro, contare su personaggi in grado sia di organizzare il viaggio in Italia, tramite il passaggio in Libia, sia gestire la fuga dai centri di accoglienza, fino al trasferimento a Bologna”.

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