OPERAZIONE MALAVIGNA

Il 15 dicembre 2017 la DIA di Bologna esegue un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di sette persone. Tanti i reati contestati:

  • associazione a delinquere
  • utilizzo ed emissione di fatture per operazioni inesistenti
  • riciclaggio e autoriciclaggio
  • trasferimento fraudolento di valori
  • usura.

“L’operazione- si legge nella relazione- ha fatto luce su una movimentazione di capitali sull’asse Puglia-Emilia Romagna che conferma l’oramai consolidato utilizzo dell’intera area del Nord Italia per le attività di riciclaggio. L’investigazione offre inoltre significativi spunti di riflessione in relazione ad un articolato sistema di “ripulitura” e reimpiego nel mercato legale di ingenti capitali di provenienza illecita, ideato da un gruppo criminale costituito da elementi legati alla mafia foggiana e da un rappresentante dell’imprenditoria romagnola”.

Le indagini hanno infatti evidenziato il legame criminale tra l’imprenditore ravennate Vincenzo Secondo Melandri, attivo nel settore vitivinicolo (e già coinvolto nell’operazione Baccus, condotta dalla DIA di Bari) e tre cerignolani contigui all’ex- clan Piarulli-Ferraro, uno dei quali fratello del reggente del sodalizio.

“L’imprenditore ravvenate- scrive la DIA- già condannato dalla Corte di Appello di Bari per reati associativi finalizzati alla truffa aggravata ed a reati fiscali, si rendeva disponibile a riciclare somme di provenienza illecita, nella disponibilità della criminalità organizzata cerignolana, attraverso il sistema delle false fatturazioni. In particolare, il ruolo dei soggetti cerignolani consisteva nell’emettere, attraverso finte società viti-vinicole facenti capo a dei “prestanome”, fatture per la vendita di prodotti all’azienda ravennate, a fronte di merci mai corrisposte.

Il denaro contante proveniente da usura, estorsioni, esercizio abusivo del credito, partiva da Cerignola ed arrivava a Ravenna, dove l’imprenditore procedeva a restituire i corrispondenti importi pagando, con bonifici bancari “puliti”, le false fatture maggiorate dell’IVA, per la quale poi richiedeva indebiti rimborsi”.

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