A voi la terza puntata di #microfonoinmano, la nuova rubrica di Mafie sotto casa: l’intervista ad Amalia De Simone, la giornalista d’inchiesta che da gennaio 2018, sul Corriere Online, ha avviato una serie di videoinchieste a puntate sulla presenza della mafia italiana in Europa.

***Presenteremo la mappatura europea al secondo compleanno di Mafie sotto casa, il pomeriggio del 17 novembre a Castenaso***

Amalia, stai incontrando difficoltà nello scrivere di mafie in Europa?

Sto trovando molte difficoltà. In Europa, in generale, non c’è percezione della presenza mafiosa. È anche molto scomodo andare in un paese straniero e dire che lì c’è la mafia. In realtà, però, ormai siamo a un punto in cui non si può più parlare di infiltrazioni mafiose all’estero: io parlerei proprio di radicalizzazione mafiosa in Europa. Si tratta principalmente di mafia economica, cioè di investimenti finanziari che girano fuori dall’Italia perché conviene di più.

La mafia italiana è presente in tantissimi paesi europei. In Germania, per esempio, dove nel 2007 a Duisburg la ‘ndrangheta ha anche sparato; in Olanda, e soprattutto a Rotterdam, dove il traffico di droga va per la maggiore. In Spagna ci sono clan insediatisi ormai molti anni fa ed è infatti roccaforte di tutti i gruppi, cosa nostra, ‘ndrangheta, sacra corona unita, camorra, soprattutto per il narcotraffico. Anzi, in merito a questo tipo di traffici, si può parlare di una joint venture tra Spagna e Olanda. Proprio in Olanda, dove prima era la ‘ndrangheta ad avere il monopolio, la mafia pugliese ha ormai preso piede nel traffico di droga attraverso il commercio di fiori.

Ma guardiamo anche a Malta, che è praticamente la Sicilia di 60 anni fa, e all’Europa dell’est: in Albania ad esempio la mafia italiana traffica soprattutto droga leggera. Spesso ci sono di mezzo i fondi europei, sui quali i gruppi mafiosi mettono le mani ormai da anni. In Svizzera, capitale della finanza internazionale, gli investimenti per mano mafiosa sono più che frequenti, e neppure la Francia può considerarsi immune dalle infiltrazioni di questo tipo.

A dicembre eravamo insieme ai ragazzi di Libera Bruxelles che ci parlavano delle loro difficoltà nel reperire le fonti di informazione (spesso le notizie arrivano direttamente dall’Italia). Dove bisogna andare a guardare per capire cosa sta succedendo?

Le informazioni scarseggiano per tutti. Il problema fondamentale è il vuoto legislativo. Dato che non ci sono le leggi, non ci sono nemmeno le indagini della polizia o della magistratura, per cui è chiaro che non ci si può affidare a questo tipo di fonti per reperire le informazioni, come invece facciamo in Italia. Inoltre la presenza mafiosa fuori dall’Italia quasi non si sente, perché la mafia tende a non creare allarme sociale: quando l’ha fatto è stato un passo falso, come a Duisburg. Le informazioni si devono andare a cercare direttamente sul luogo, parlando con la gente, leggendo i verbali delle poche inchieste concluse, osservando da vicino gli spostamenti di denaro e indagando su quegli spostamenti finanziari che sembrano più insoliti.

Quello che ci sembra di capire è che per la mafia italiana è più facile agire fuori dal contesto italiano. Perché?

Certo. Ovviamente l’assenza di leggi pertinenti nei paesi europei fa comodissimo ai mafiosi di casa nostra, e infatti un mafioso italiano che deve riciclare i suoi soldi, non lo fa più in Italia, dove è sicuro che prima o poi subirà un sequestro o una confisca, ma si apre un’attività all’estero, dove sa che gli impedimenti dal punto di vista legale praticamente non esistono. Le autorità europee purtroppo sembra non vogliano muoversi in questa direzione. Non è però l’italia a doversene occupare: la magistratura italiana è consapevole della presenza mafiosa all’estero, ma non può lavorare fuori dalle proprie aree di competenza. Sarebbe necessaria un’assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni degli altri paesi. La lotta alla mafia fuori dall’Italia funziona se c’è, ad esempio, un capo di polizia più sensibile al tema, che quindi andrà ad indagare là dove c’è qualcosa di strano. Ma solitamente non succede. Se un pentito italiano racconta di traffici illeciti esteri, sarà sicuramente preso in considerazione dalle autorità italiane che vogliono mappare fino in fondo il suo raggio d’azione, ma difficilmente verrà ascoltato da un magistrato straniero. Bisogna anche considerare che un mafioso che investe all’estero, per quanto illecitamente, porta comunque soldi.

Leggendo la risposta del governo tedesco all’interrogazione parlamentare sollevata da alcuni parlamentari sulla presenza della criminalità organizzata italiana in Germania, l’impressione che abbiamo avuto è che il Bundestag sembra piuttosto sfornito. Hai avuto anche tu questa impressione? Qual è il livello di preoccupazione delle istituzioni tedesche (ma anche degli altri paesi)?

In effetti le risposte date dal governo tedesco non corrispondono alla realtà dei fatti. I censimenti delle autorità in Germania non riportano come stanno le cose veramente, i numeri che dichiarano sono ridimensionati. Questo succede perché, come dicevamo, non esistono leggi antimafia adeguate che permettano di monitorare la situazione; non esiste ad esempio il 416 bis, né le misure di prevenzione come la confisca, e quindi non esistono né inchieste né sentenze. Purtroppo tutto ciò si ripercuote sul racconto della realtà: se parli di mafia in un paese dove non ci sono sentenze a riguardo, rischi di andare incontro a procedimenti. Succede anche in italia, ma in misura minore. Perché da noi le leggi contro i reati di mafia esistono e la magistratura agisce quanto più velocemente. Ormai il nostro paese sa come agire. Il fatto che la legislatura all’estero non sia adeguata, quindi, inficia la lotta alla criminalità. Il problema però è che se si pensa ad adeguare le leggi a livello europeo, per tutti i paesi dell’Unione, si rischia di andare a ribasso, cioè che la legislazione italiana venga compromessa, e questo non è assolutamente accettabile.

Esiste in realtà un coordinamento europeo antimafia che fa parte dell’Europol, ma è un’organizzazione completamente diversa dalle nostre: prima di tutto è sotto organico, poi gli agenti non sono opportunamente preparati e hanno degli orari di lavoro come qualsiasi altro agente. Ciò significa che se c’è un pedinamento in corso e l’agente coinvolto finisce il turno, non si preoccupa di lasciare il pedinamento a metà.

Secondo te è diverso il modo in cui agiscono le mafie fuori e dentro l’italia?

Il modo di agire è certamente diverso. In italia resiste quello che io chiamo sottoproletariato mafioso, cioè le bande, quelle che lavorano sì, ma fanno tutto sommato pochi soldi. Si occupano di traffico di droga locale, estorsioni, racket, a volte sparano ancora. All’estero si comportano diversamente: la mafia è di tipo imprenditoriale, si concentra sugli spostamenti dei capitali, sulle attività di riciclaggio. Ripeto, all’estero si tende a evitare l’allarme, perché è controproducente. Eppure atti eclatanti ci sono stati pure fuori dall’italia, come i tentativi di estorsione contro alcuni ristoratori tedeschi che si sono poi ribellati grazie all’aiuto di Mafia Nein Danke. A Londra, invece, la mafia italiana è esclusivamente di tipo imprenditoriale, si occupa di finanza e di investimenti importanti, manca completamente il lato delle delinquenza visibile. Certo, le bande criminali esistono, ma sono soprattutto autoctone.

Parlando invece di mafie straniere in Italia, esistono sentenze italiane che ne riconoscono la presenza sul nostro territorio? E come interagiscono i diversi gruppi con le mafie italiane?

Sì, negli anni passati ci sono state sentenze contro gruppi mafiosi stranieri in italia. Per esempio, contro la mafia nigeriana hanno agito le procure di Torino, Napoli, Palermo. In italia ormai il traffico di cocaina è gestito completamente dai gruppi nigeriani. Dopo un primo periodo di conflitto con i clan italiani, soprattutto con la camorra ‒ come ci ricorda la strage di Castel Volturno, dove peraltro morirono degli innocenti ‒ sembra che ultimamente li stiano lasciando fare. La mafia cinese, invece, agisce da supporto a quella italiana. Ad esempio a Rotterdam, nei traffici di stupefacenti, i cinesi sono la manovalanza della mafia italiana. Non ci sono invece molte notizie sulla mafia russa in Italia. Sappiamo che si tratta di criminalità soprattutto finanziaria, ancora più di quella italiana, e difatti è fortemente radicata a Londra. Le mafie straniere in Italia sono comunque di solito organizzazioni verticistiche, composte da clan rigidamente strutturati, proprio come i nostri.

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E non perderti l’appuntamento del prossimo mese con #microfonoinmano, le interviste di Mafie sotto casa 🙂